Cos’è l’odontofobia?
L’odontofobia
o “paura del dentista” è una manifestazione eccessiva, immotivata e duratura di
paura che viene alla luce esclusivamente in situazioni circoscritte nelle quali
è presente ciò che viene comunemente indicato come “stimolo fobico” (che può
essere una persona, un luogo o un oggetto). È essenziale però svolgere un
distinguo che metta la “paura del dentista” ovvero quel senso di leggera
riluttanza sostenuta da una base d’ansia da un lato e la fobia dall’altro.
Questo risulta importante poiché, nel gergo comune, fobia e paura risultano
quasi come sinonimi ma nell’ambito della psicologia c’è una grande differenza.
Chi
ha semplicemente paura del dentista, nel momento in cui vengono a presentarsi
dolori orali forti, non esita a farsi controllare per poter migliorare
sensibilmente la propria
vita,
a differenza del fobico che non manifesta mai l’intenzione di recarsi dallo
specialista nonostante soffra costantemente. La fobia infatti si ripercuote anche
a livello fisico, impedendo la persona all’azione: sono frequenti nottate
insonni prima di una visita, palpitazioni, senso di soffocamento fino ad
arrivare (nei casi più gravi), ad un vero e proprio collasso
cardiocircolatorio. Questo risulta assolutamente un punto non trascurabile
perché i sintomi influiscono in modo pesante nella vita del paziente,
portandolo gradualmente ad un allontanamento dal dentista (disdicendo
controlli, operazioni ma anche semplici ed indolori pulizie dentali), con
conseguenze spesso irrimediabili per la sua salute orale.
Quali sono i fattori predisponenti per l’odontofobia?
Sicuramente
l’ansia è un elemento estremamente importante nel quadro generale. Essere
costantemente
preoccupati per le conseguenze di un’azione, sentirsi a disagio in determinate
situazioni
ed incapaci di saperle affrontare con i propri mezzi porta a vivere con
difficoltà il contesto in cui una persona si trova poiché le uniche previsioni
possibili che possono essere attuate sono condivise con lo specialista, il
quale è solitamente una persona al di fuori della cerchia di confidenze del
paziente.
Altro
fattore è dato dalla presenza di altre fobie o disturbi psichiatrici. In gergo
tecnico esso è inteso come “comorbilità”, ovvero una predisposizione ad avere
due o più disturbi contemporaneamente. Tutto ciò può sembrare ovvio, ma è
importante individuare quali siano le patologie di cui si soffre per creare un
quadro unitario, il quale dovrà essere analizzato
nel
suo insieme (ad esempio se una persona soffre di odontofobia e claustrofobia,
risulta necessario approfondire quanto l’ansia influisca nella sua vita per non
cadere in un’analisi affrettata che colleghi la paura di uno spazio senza vie
di fuga con lo studio del dentista).
Il
penultimo fattore è legato allo stress: un periodo di forti emozioni, di lavoro
ininterrotto o di situazioni che hanno colpito in modo diretto il paziente
conducono inevitabilmente a modificare le proprie priorità, stimando a ribasso
il valore anche della sua stessa salute a discapito di altro che, in quel
momento, viene visto come più importante.
Ultimo
fattore riguarda l’abuso di alcool e droghe. Avere un “chiodo fisso”,
soprattutto in circostanze prolungate di alterate funzioni cognitive, guida
verso priorità che non
comprendono
l’interesse per la propria salute. Un punto chiave è anche dato dal fatto che
proprio chi abusa di sostante alcoliche o tossiche è molto più predisposto a
soffrire di ansia generalizzata (data anche dalle scarse capacità di astinenza)
che risulta, com’è già stato descritto, base fertile per la predisposizione
alle fobie specifiche.
L’odontofobia è davvero la paura del dolore?
La
risposta è no, o meglio, non solo. Ognuno ha una soglia del dolore distinta da
tutti gli altri;
sicuramente
chi è più sensibile al dolore non risulta invogliato a partecipare ad una
seduta che provocherà quasi esclusivamente sofferenza e, a volte, anche una
critica convalescenza.
Perché alcuni soggetti anche se devono essere sottoposti ad
una visita di controllo, risultano reticenti a dirigersi dal dentista?
La
frangia psicologica cognitivo-comportamentale ha provato a dare una
spiegazione: la
reticenza
insita in ognuno non risiede necessariamente nella prospettiva di provare
dolore ma dal terrore di soffocare, paura primordiale poiché mette in pericolo
la vita e presume una delle morti più temute. Ha senso la teoria poiché rivela
la tensione conscia o inconscia che precede la partenza nonostante la
tranquillità di non subire nessuna prestazione invasiva. Facile ricordare le
famose “impronte” che, seppur predisposte in modo da non arrecare nessun danno
al paziente, incutevano timore poiché superavano (e di molto) il limite
previsto da ognuno di noi nell’invasività orale creando senso di soffocamento
ed ingestibilità della situazione.
Quale terapia affrontare per superare l’odontofobia?
Trovare
rimedi è sempre semplice, trovarne di efficaci e duraturi meno. L’anestesia
predisposta dal dentista è sicuramente un ottimo inizio per silenziare o
attenuare la paura del dentista o della prestazione che andrà ad eseguire. Ma
siamo così sicuri che la persona scenda a compromessi facendosi somministrare
più anestesie per alleviare la sua sofferenza? Difficile crederlo, soprattutto
vista ormai la nota problematica al solo pensiero del dentista.
Ovvio
che anche lo specialista deve necessariamente coadiuvare l’instaurarsi di una
relazione di fiducia nei confronti del paziente altrimenti chi si farebbe
mettere le mani in bocca da una persona che viene considerata in modo del tutto
negativo? Nessuno, credo. Tre quarti della popolazione non avrebbe voglia
nemmeno di
sottoporre le proprie unghie al cospetto di un professionista
reputato poco affidabile, immaginate nella propria bocca.
Un
esperimento datato novembre 2015 permetterà di comprendere quale sia,
attualmente, il miglior rimedio conto la fobia (in primis) e la paura del
dentista.
Secondo
uno studio pubblicato sulla rivista British Dental Journal e condotto dai
ricercatori del King’s College di Londra, la terapia cognitivo-comportamentale potrebbe
aiutare molti odontofobici a sottoporsi alle cure senza necessariamente essere
sedati.
Lo studio
è stato condotto su un campione di 130 pazienti (99 donne e 31 uomini), i quali
erano stati sottoposti a test sulla fobia del dentista, ansia generale,
depressione, pensieri suicidari, consumo di sostanze e qualità della vita
correlata alla salute orale. Poco sorprendentemente, ¾ dei pazienti soffriva di
fobia del dentista ed il restante presentava una paura specifica sempre
riguardo l’ambito odontoiatrico.
Le procedure
più “preoccupanti” per i soggetti erano state riscontrate nelle iniezioni e nell’uso
della turbina (nel gergo “trapano”).
Il
37% di essi mostrava comorbilità con altri disturbi psichiatrici, il 12%
pensieri suicidari, stesso per la depressione ed il 3% intenzioni serie di morire.
Il 94% infine riscontrava problematiche giornaliere date dall’inappropriata
salute orale. Tutti i pazienti sono poi stati sottoposti ad una terapia
cognitivo-comportamentale, focalizzando il trattamento sugli strumenti di
self-help (gestione dell’ansia tramite rilassamento) e cercando di comprendere
il legame tra pensieri, emozioni e comportamenti.
Alla
fine della terapia il 79% di essi è riuscito a sottoporsi alle cure
odontoiatriche ed 6% ha
accettato
solo con sedazione. La rapidità del trattamento è riprovata, infatti mediamente
sono servite solo 5 sedute per arrivare a questi risultati.
CONCLUSIONI
Nonostante
l’avanzamento tecnologico e la possibilità di curarsi senza essere sottoposti a
dolori lancinanti, l’essere umano ancora soffre di paure primordiali che
difficilmente scompariranno nell’arco dei secoli poiché istintuali e difficili
da sopprimere. Oltre ciò sono comunque molte le possibilità che ogni paziente
ha per poter mettere un freno alla propria sofferenza, senza che queste richiedano
una spesa ingente sia a livello economico che temporale. È importante però che
anche lo specialista della salute orale sia preparato a mettersi in gioco,
grazie ad un giusto mix di empatia e professionalità che, seppur siano
fondamentali per ogni lavoro, in ambito sanitario risultano indispensabili.
BIBLIOGRAFIA:
Published online:
27 November 2015 | doi:10.1038/sj.bdj.2015.890
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