venerdì 29 aprile 2016

L'UOMO CHE SCAMBIÒ SUA MOGLIE PER UN CAPPELLO.


Iniziamo così, intitolando questo articolo come l’omonimo libro di Oliver Sacks, neurologo, scrittore ed accademico scomparso recentemente. Vi racconterò la storia di un uomo, il dottor P., che arrivò all’attenzione del professor Sacks e, poiché manifestava alcuni problemi di “vista”, gli specialisti del settore gli consigliarono una visita neurologica. 
                                                                                       
Il dottor P. era un eminente musicista, noto anche come cantante e insegnante nella scuola di musica del suo paese. Le prime difficoltà si manifestarono quando incontrava i suoi allievi, i quali non venivano riconosciuti fino a quando il dottor P. non ascoltava le loro voci. Quando girava per strada, era solito salutare o dare “buffetti amichevoli” ad idranti o parchimetri, scambiandoli per teste di bambini; spesso quando era in casa, gli capitava di parlare con i pomelli dei propri mobili, rimanendo stupito di non ricevere risposta. Tutto ciò veniva spesso giustificato dal suo spiccato senso dell’umorismo e dalla sua passione per paradossi e burle.              
L’ uomo, inoltre, non aveva mai accusato nessun tipo di malore e difficilmente i suoi strani “sintomi” potevano essere accostati ad un qualche tipo di disturbo o malattia. Non era quindi consapevole che ci potesse essere qualche tipo di problema.

“Che c’è che non va?” gli chiesi infine. “Che io sappia, niente” rispose con un sorriso “ma secondo gli altri avrei qualcosa agli occhi”.                                                                  
Ma lei non accusa nessun problema di vista?” ”No, direttamente no, ma a volte faccio un po’ di confusione.”   
 
Durante le visite, al dottor P. veniva chiesto di descrivere delle immagini: i suoi occhi andavano da una parte all’altra della foto, riportando solo tratti o elementi isolati, senza riuscire a cogliere la scena nella sua totalità. Non vedeva l’insieme, ma solo i dettagli, come una serie di puntini su uno schermo di un radar.  
                        
Proprio durante una di queste visite, il dottor P., convinto che la seduta fosse terminata, si stava rivestendo per andarsene:

"Convinto che la visita fosse terminata, si guardò intorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e afferrò la testa di sua moglie, cercando di sollevarla e di calzarla in capo. Aveva scambiato sua moglie per un cappello! La donna reagì come se fosse abituata a cose del genere". 
 

Cosa mai potrebbe portare un uomo a scambiare la testa di sua moglie per un cappello? Come mai quest’uomo non riusciva ad riconoscere i volti intorno a lui, a distinguerli da oggetti domestici o quotidiani?                                                                              
Quello di cui vi ho appena parlato è un caso di Agnosia visiva (dal greco A-gnosis, “non conoscere”), un disturbo della percezione che impedisce il riconoscimento degli stimoli in assenza di disturbi di memoria o disturbi a livello degli organi sensoriali. In particolare, come nel caso del dottor P., quando il disturbo va a compromettere il riconoscimento dei volti, si parla di “Prosopoangosia”.                 
Come abbiamo già detto prima, non si tratta di un problema “visivo”; gli occhi del dottor P. funzionano benissimo. Il problema è presente a livello cerebrale, nelle cortecce deputate ad elaborare e recepire questi tipi di stimoli. I pazienti sono incapaci percepire gli elementi che compongono un volto, comportando dunque l’impossibilità di riconoscere la persona che hanno di fronte     (anche se familiare), compensando a volte con la voce, la postura, il modo di camminare o un particolare rilevante del viso che possa permettere il riconoscimento immediato.                                                                                                                      
Il deficit può colpire i vari livelli di elaborazione del volto: se il problema è nell’elaborazione sensoriale visiva, il paziente vedrà l’immagine percepita come se fosse distorta. Deficit nella codifica strutturale dello stimolo porta a un disturbo nell’integrazione delle caratteristiche del volto in un’unità percettiva (unire tutti i particolari del volto per individuarlo nel complesso).                                                      
Nel caso in cui il paziente riesce a riconoscere un volto come tale, può non essere in grado di definire quali siano i volti a lui familiari e quali no; ciò perché, affinché sia riconosciuto un volto, deve attivarsi il “nodo d'identità personale”, dove sono conservate tutte le informazioni già immagazzinate, inerenti a uno specifico volto, quindi a una persona.

Questo è solo uno dei tanti “brutti scherzi” che il nostro amato cervello può farci, e voi, mi raccomando, non usatelo come scusa per non salutare chi vi sta antipatico!          
 

BIBLIOGRAFIA:

- Sacks O., ”L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” , Gli Adelphi, 1985.
- Ladavas E., Berti A., “Neuropsicologia” , Il Mulino, Bologna, pp.214-217.