martedì 10 maggio 2016

CHI STA MEGLIO DI TUTTI? UNA RIFLESSIONE SUL CONCETTO DI SALUTE PROMOSSO DALL’OMS.



Per parlare di salute bisogna capire che cos’è la malattia. Per parlare di malattia bisogna capire che cos’è la salute. Premessa che trovo indispensabile.
In questo articolo cercherò di far emergere un quadro dei concetti di salute mentale e benessere secondo quello che l’esperienza dei miei studi, nonché della mia vita, mi hanno dato.
Potremmo prendere la definizione di salute dell’OMS, e dire che:

“Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”

Ottimi e condivisibili presupposti, direi. Però, come spesso succede oggi giorno, ci capita anche stavolta di trovarci di fronte a qualcosa che, pur riconoscendoci (generalmente) concordi nei presupposti, finisce con il portarci in un labirinto appena ne meditiamo i contenuti.
Che cos’è il benessere? Che cos’è il fisico, il mentale, il sociale? Che cos’è la malattia/infermità?
I casi sono due, o già sappiamo di cosa si parla, e allora riconosciamo nella frase dell’OMS le intenzioni eticamente valide, o, malgrado queste ultime, non sappiamo effettivamente di cosa stiamo parlando e allora tutto crolla.
A guardare una certa psicologia positiva o altre importazioni del continente più democratico del mondo (chiuso angolo ironia), basterebbe decretare una volta per tutte cosa sia il benessere così com’è tripartito nella frase qui sopra, e profonderlo nella popolazione con interventi di ingegneria sociale.
Ma, da buon rompi scatole che sono, vorrei qui lanciare alcune pietruzze calde, senza pretendere di fare il punto della situazione, né tantomeno pensare di avere la verità in pugno. Semmai, tenderei più a una sana e costruttiva critica.
Se dovessimo riferirci alla salute dell’albero, la definiremmo come “salute del tronco, dei rami e delle foglie?”. La risposta è no. La salute di un albero è un albero in quanto albero, ovvero albero che si realizza come tale. Va da sé, anche piuttosto banalmente, che la salute di un uomo sia la salute dell’uomo come uomo, la realizzazione dell’uomo come essenzialmente tale (parlando di psicologia, viene da pensare a Maslow, ma anche a Jung, a Frankl, Assagioi, psicologi che hanno sempre ricercato una concezione, limitatamente alla loro cultura ed epoca, totale dell’essere umano).
Facciamo un salto a piè pari scavalcando tutte le questioni che a questo punto si solleverebbero per forza di cose, e ci rendiamo fin da subito conto che, nel bene e nel male, noi non sappiamo chi l’uomo sia.
Dunque, la definizione dell’OMS non è sbagliata, anzi è giustissima nel suo contesto, ma deve necessariamente far riferimento ad una idea di uomo, che viene quindi presentato come essere fisico, mentale e sociale. Non critico né condivido (tantomeno pretendo io di sapere chi l’uomo sia), ma credo di non errare nel mio filo logico.
L’OMS, e qualsiasi altra teoria più in generale, devono partire da presupposti.
Limitandoci, per coerenza di discorso e limiti di spazio, ad analizzare il “mentale” riportato nella frase, fin da subito ne constatiamo alcune caratteristiche peculiari: la mente, è uno “stato” in cui si-è, e non una cosa che sussiste da sé, quindi al di là di ogni corretta diagnosi psicologica, non c’è mal-essere se io non sto-male (sennò chi sta male?), c’è semmai malattia, secondo criteri descrittivi a priori che esulano da come io sto (e che, qualora non si fosse capito, non sto contestando come tali).
Conseguentemente, non c’è benessere laddove io non-esisto-bene, ma ci sarà salute, che è un parametro, e non uno stato.
Forse apparirò troppo “robotico” in questi ragionamenti ma vorrei cercare di stimolare la critica (anche contro di me, ben inteso) seguendo un filone quanto più possibilmente coerente e fluido.
Ma allora, se non c’è benessere se non vi è qualcuno che sta-bene, va da sé che il concetto stesso di benessere deve rispettare quel qualcuno nella sua irripetibile costituzione e determinazione. 
Eccoci quindi di fronte a una constatazione che mi pare piuttosto ovvia: nessun medico, psicologo, psichiatra, guru, extraterrestre, potrà mai decretare chi sta bene e chi sta male, ma, semmai, chi è sano e chi è malato (fisicamente, mentalmente, socialmente).
I parametri di salute e malattia ci guidano, ci servono per regolare le maglie di una società, per convivere forse, a scapito di alcuni, a discapito di altri. Il completo benessere di cui parla l’OMS non è utopia, ben inteso, ma non è decretabile a priori una volta per tutte. A meno che di non farne un discorso o metafisico (con tutto ciò che comporterebbe una simile idea oggi giorno), o dogmatico.

A che pro tutta questa, magari qualcuno dirà, asettica retorica? Beh, forse perché la tanto discussa promozione del benessere si trasforma spesso e volentieri in un piano strategico ingegneristico, piuttosto che in un continuo ripensamento (ma anche approfondimento) dei presupposti in gioco. 

Interessante sarebbe invece prendere la frase dell’OMS come punto di partenza e, invece di farne un castello (di sabbia, per altro), cercare di discutere e promuovere confronti di idee, alternative, variazioni sul tema, non per giocare con il relativismo, ma per non crepare nel senso comune… che forse non è così salutare.

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